Un GRS speciale dedicato alle periferie.
“University of Secondigliano, dallo Zen su fino a Quarto Oggiaro, ‘o tenimm scritto in faccia dove studiamo, University of Secondigliano”
Così canta la band dei 99 Posse, gruppo cult tra le giovani generazioni. Chi vive in periferia ha quasi un marchio che parla di “degrado” ed “emarginazione”. È la cronaca di queste settimane: da Roma a Torino passando per Milano. Corcolle e Tor Sapienza hanno aperto uno squarcio sui rischi e sulla concentrazione di sofferenze a cui sono sottoposti i luoghi più dimenticati delle nostre città. Sullo sfondo c’è chi soffia sul fuoco per scatenare una guerra tra poveri mettendo italiani contro rom e migranti, abitanti di quegli stessi quartieri e non per scelta. E il racconto diventa importante, fondamentale una narrazione corretta. Su questo ascoltiamo Andrea Volterrani, ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Roma Tor Vergata.
[sonoro]
Tra rivolte e mani mafiose sugli appalti. È un autunno difficile per i romani: prima Corcolle e poi Tor Sapienza, così Roma si scopre polveriera sociale e campo di battaglia dei gruppi neofascisti che proprio in periferia hanno trovato il loro terreno fertile. Via il centro di accoglienza, via “le scimmie” come gridavano alcuni cittadini davanti a quel centro. Ma oltre alla carica razzista esiste un vero problema di tenuta sociale nei quartieri dormitorio, dove chi governa e amministra non offre risposte. Eppure c’è chi non si arrende a una pratica inclusiva per la Capitale come le tante organizzazioni sociali e associazioni che hanno promosso una fiaccolata al Campidoglio lo scorso 4 dicembre. Tra loro c’era anche Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio.
[sonoro]
Non solo Roma, in queste settimane arrivano le stesse notizie da Torino e Milano con la vicenda degli occupanti abusivi e dello scontro sociale in atto. Per non parlare di Napoli e dei recenti fatti del rione Traiano o di Scampìa. Queste periferie avvicinano il nostro Paese ad altre periferie del mondo. Come quelle degli Stati Uniti. Come ci racconta Fabio Piccolino
Da diversi mesi la cittadina di Ferguson, ventimila abitanti in Missouri, è entrata nelle cronache della nostra quotidianità. Qui, periferia degli Stati Uniti dove gli afro-americani sono il doppio della popolazione bianca, si è scatenata l’ira della comunità nera dopo l’uccisione del diciottenne Michael Brown lo scorso 9 agosto da parte di un agente di polizia. Una mobilitazione che non si è mai veramente fermata e che è esplosa di nuovo con violenza il 24 novembre, quando migliaia di persone hanno manifestato la propria rabbia dopo il proscioglimento di Darren Wilson, principale indagato dell’omicidio del ragazzo.
La vicenda Brown è solo la punta dell’iceberg di un contesto di convivenza difficile i cui elementi principali (abuso di potere delle forze dell’ordine, razzismo, disordini sociali, discriminazione) si sono già manifestati in tutto il paese troppe volte negli ultimi anni. Non un caso isolato, ma il risultato di tensioni sociali che fanno emergere disuguaglianze intollerabili: il caso del dodicenne Tamir Rice a Cleveland, quello di Eric Garner a New York soffiano sul fuoco di una situazione già incandescente. L’America, terra della libertà e delle opportunità, si trova a fare i conti ancora una volta con la questione razziale, che mette in luce impietosamente tutte le sue contraddizioni.
La convivenza fra culture diverse passa anche da qui.